Il progetto finanziato dal Parco del Gran Sasso e Monti della Laga e supportato e gestito dall’Amministrazione Comunale di Amatrice, è stato impostato essenzialmente su una metodologia di tipo etnografico, seppur limitata nel tempo, che ha cercato di fornire dati il più possibile rappresentativi delle varie componenti generazionali, sociali e culturali della comunità, nelle loro più diverse espressioni con particolare riferimento alla percezione del territorio della conca amatriciana e dei suoi dintorni in un momento, tra l’altro, molto particolare per la storia di questo insediamento e di questa comunità, successivo al drammatico sisma del 2016 e in una fase delicata del processo di ricostruzione e progettazione della rigenerazione comunitaria e territoriale. Abbiamo ritenuto che fosse cruciale lavorare sulle memorie collettive condivise, sulle ferite del ricordo e sulla necessaria opera di scavo e recupero per re-immaginare uno spazio abitabile e trasmettere rappresentazioni possibili di quel passato cancellato dal sisma, almeno nella sua forma esteriore dell’edificato, alle future generazioni.
Occuparsi di Amatrice – ma anche di Accumoli e di molte altre comunità di questa ampia area che declina verso l’Abruzzo lungo le vie dei tratturi –, chiedere, raccogliere, leggere e poi scrivere di pastori e di pecore, di pascoli e di lana, di formaggio e di carne è stato e continua ad essere un modo per riflettere con queste comunità in cammino e provare a raccontare, con loro, uno dei motori economici, produttivi e socio-culturali più importanti e simbolicamente densi di questo territorio. Significa toccare in profondità la storia e gli usi che si sono fatti di quel passato prima e dopo la ferita delle morti e della distruzione e rientrare in ascolto dei “desideri dei territori”, proprio come forma di resilienza e di risposta dinanzi al trauma del terremoto.
Ad Amatrice la via della transumanza era una realtà e un sedimento storico ben prima (Metalli 1903; Cervesato 1922; Trinchieri 1953, 1956, 1994; Cianferoni 1969; Ciaralli 1997) che venisse avviato il percorso di patrimonializzazione delle transumanze tra le Alpi e il Mediterraneo presso la Lista per il Patrimonio Immateriale UNESCO. Si organizzavano rievocazioni e passeggiate di transumanza almeno dal 2011 nell’ambito di progetti regionali, ministeriali e talora anche internazionali di vario genere.
Abbiamo provato a immaginare un percorso non solo orientato al recupero dei cammini di pascolo vagante, ma anche alla messa in valore di alcuni edifici e arredi urbani connessi, con tutto il valore storico e simbolico che essi rivestono. Abbiamo pensato, per quanto riguarda in particolar modo le attività di carattere culturale e patrimoniale, a un’indagine etnografica basata su una forte partecipazione e circolarità informativa: quella che normalmente si definisce una mappa di comunità che si sta cercando di realizzare attraverso focus group, interviste individuali, questionari, scritture e testimonianze nel tentativo di comprendere la percezione dello spazio sia urbano che rurale, la memoria delle vie pastorali, la relazione simbolica ancorché pratica con il mondo degli animali e dell’allevamento. La mappa è uno strumento importante per conoscere e per conoscersi, per ricostruire e rafforzare un’immagine dei luoghi che ci appartengono anche e proprio quando, come nel martoriato cratere 2016, essi sono stati dilaniati dalla violenza del disastro (AA.VV. 2004; Clifford-Maggi-Murtas 2006; Maggi 2008; de Varine 2010; Simonicca 2010; Cognetti-Ranzini 2017; Cuturi 2019).
È un modo per lavorare in modo dinamico e processuale alla realizzazione di inventari partecipati del patrimonio, per condividere insieme con la popolazione locale il processo frammentario e stimolante del conoscere le diverse storie e metterle insieme in un affresco corale capace di restituire paure, frustrazioni, valutazioni, bilanci storici, prospettive e aspirazioni di una comunità ferita che affida, però, a un progetto consapevole e condiviso di rigenerazione una speranza di crescita e rivitalizzazione (De Rossi 2018; Carrosio-Faccini 2018; Bevilacqua 2018; Carrosio 2019; Teti 2017, 2019).
L’idea di fondo è che questo lavoro condiviso possa condurre, attraverso il lavoro di ricognizione e di scavo nella comunità, non solo a “scrivere un testo” (Blanchot 1980; Geertz 1988; Clifford-Marcus 2005; Rigby 2015; Ligi 2016; Benadusi 2017), ma a costruire un archivio e una mappa interattiva digitali, continuamente implementabili da parte della comunità, gestiti dalla comunità stessa, e che permette non solo di vedere i luoghi, ma di riempirli di contenuti, immagini, memorie, piccole scritture private, storie. Un contenitore che è al tempo stesso possa rappresentare un motore di nuovi approfondimenti e saperi, di scambio e confronto tra concittadini e persone che condividono la stessa memoria e lo stesso paesaggio culturale (Broccolini-Padiglione 2017, 2018; Bindi 2017, 2019).
Le storie transumanti hanno così rappresentato il punto di partenza, una forma di ricostruzione e riscoperta del valore patrimoniale storicamente condiviso con le altre comunità pastorali di questo nostro Paese, d’Europa e persino oltre. Ciò è accaduto parallelamente al percorso di redazione del Dossier di candidatura della Transumanza alla Lista del Patrimonio Immateriale UNESCO che, successivamente, nel dicembre del 2019, avrebbe ottenuto l’iscrizione definitiva del bene alla Lista suddetta.
Amatrice ha fatto parte, infatti, delle comunità che hanno sostenuto, supportato e fornito il loro consenso informato in modo entusiasta a questo processo di salvaguardia e valorizzazione e lo ha espresso in plurime occasioni pubbliche, non ultima quella del Novembre 2019 nel quale le comunità inserite nel Dossier si sono date tutte appuntamento a Roma, presso la sede del Ministero delle Politiche Agricole per completare il processo di reciproca conoscenza e intercambio tra i diversi partners italiani, austriaci e greci che hanno rappresentato il nucleo promotore della candidatura stessa.